Scienza: una modifica alla fotosintesi potrebbe ridurre la fame

Scienza: una modifica alla fotosintesi potrebbe ridurre la fame

Un gruppo di studiosi della Università of Illinois avrebbe “corretto” il processo di fotosintesi clorofilliana con cui le piante verdi ricavano energia dalla luce solare, aumentando la produzione agricola. In questo modo si andrebbe a risolvere il problema della fame che affligge il mondo intero.

La ricerca

Al centro della ricerca si è voluta mettere sotto la lente d’ingrandimento la fotosintesi clorofilliana mediante la quale le piante trasformano la luce del sole in energia chimica, essenziale per la sopravvivenza delle piante stesse. Ma, nonostante l’estrema complessità del processo, la fotosintesi non è priva da difetti. Difatti, secondo gli stessi scienziati un enzima fondamentale nel processo, noto con il nome RuBisCO, commetterebbe un enorme errore nello svolgere il suo compito, ovvero quello di “acciuffare” le molecole di anidride carbonica indispensabili al processo. Però, per un errore commesso da “Madre Natura”, il sopraindicato enzima per il 20% del tempo accumula ossigeno anziché di anidride, andando involontariamente a creare un eccesso dello stesso “costringendo” così la pianta ad espellerlo con un processo chiamato “Fotorespirazione”. Secondo il ricercatore Paul South questo tipo di processo è un qualcosa che danneggia la fotosintesi, in quanto costa alla pianta energia e risorse.

Un mezzo contro la fame nel mondo

Lo studio dei ricercatori dell’Università of Illinois avrebbe modificato il processo di fotosintesi creando una scorciatoia che elimina in maniera rapida il succinto ossigeno. Il nuovo processo è stato sperimentato con delle piante di tabacco. Dopo 2 anni di ricerca gli studiosi hanno scoperto che le piante (di tabacco) “modificate” crescevano più velocemente e generavano circa il 40% in più rispetto alle proprie controparti naturali. Il prossimo passo, infatti, sarà applicare la ricerca al resto delle piante. Secondo alcune stime fornite dagli stessi studiosi ci vorranno almeno 10 anni perché la nuova tecnica possa essere nelle colture tradizionali. Se ciò andasse nella giusta direzione si riuscirebbero a nutrire circa 200 milioni di persone in più negli Stati Uniti. Che dire? Viva la ricerca!

Lucia Franco

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